Marco Pantani: "fu omicidio"?

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Tecnicamente si. La parola delitto, in campo penale, indica un reato grave (che si distingue da quelli meno gravi che si chiamano contravvenzioni). I delitti sono molti reati, ovviamente, tutti quelli dall'art.241 al 659 del Codice penale, più tutti quelli comprese nelle leggi speciali per materia.
In questo caso, la parola delitto non può essere che associata a omicidio, visto che di quello si parla. Il suicidio non sarebbe un delitto. Al massimo potrebbe esserlo l'istigazione (art. 580 c.p.).

Anche se non fosse stato materialmente ucciso da qualcuno, resto convinto che intorno alla vicenda gravitano tutta una serie di reati commessi da terzi e che certamente hanno contribuito a determinare la situazione.
 
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posse

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Cinque poliziotti querelano la famiglia Pantani: «Basta!»
Non è più tollerabile questo linciaggio mediatico


GIUSTIZIA | Cinque poliziotti che erano in servizio nel 2004 alla Squadra Mobile della Questura di Rimini e che indagarono sulla morte del campione di ciclismo Marco Pantani hanno dato mandato agli avvocati Moreno Maresi e Mattia Lanciani di procedere in giudizio contro tutti coloro che hanno diffuso "notizie gravemente lesive" della loro reputazione. Sono il vice questore Sabatino Riccio, che allora dirigeva la Squadra Mobile, il commissario capo Giuseppe Lancini, gli ispettori capo Daniele Laghi e Vladimiro Marchini e il sovrintendente capo Walter Procucci. «Non pare più possibile rimanere silenti - spiegano i due legali all'ANSA - e soprattutto continuare a tollerare un linciaggio mediatico che ha assunto proporzioni inaccettabili e che appare alimentato da strumentali e apodittiche ricostruzioni dei fatti, spesso accompagnate dalla diffusione di fatti manifestamente travisati».

«Dopo l'avvio da parte della Procura di Rimini di una nuova inchiesta sulla morte di Pantani - spiegano i due legali - come in una sorta di racconto a puntate, sono state descritte importanti svolte investigative, tutte legate da un unico filo conduttore, che porta da un lato ad affermare come la morte dell'atleta romagnolo non sia avvenuta nei termini accertati nel corso dell'inchiesta già condotta dalla Procura di Rimini, e dall'altro ad accreditare con notevole enfasi la tesi dell'omicidio volontario. In questo contesto sono letteralmente piovute sugli inquirenti della Squadra Mobile di Rimini che all' epoca indagarono sulla morte del celebre ciclista accuse di ogni tipo circa lo svolgimento di molteplici atti di indagine».

«In tutto questo periodo - aggiungono gli avvocati Maresi e Lanciani - gli allora appartenenti alla Squadra Mobile di Rimini (alcuni dei quali non più in servizio), nel pieno rispetto di una indagine ancora in corso, hanno mantenuto il silenzio. Ma di fronte al moltiplicarsi delle accuse, peraltro sempre propalate in toni sensazionalistici, con copertura mediatica che ha sin qui spaziato tra carta stampata, video, radio e web, non pare più possibile rimanere silenti e soprattutto continuare a tollerare un linciaggio mediatico che ha assunto proporzioni inaccettabili e che appare alimentato da strumentali e apodittiche ricostruzioni dei fatti, spesso accompagnate dalla diffusione di fatti manifestamente travisati».

I due legali, infine, evidenziano come «sul piano umano la 'gogna mediaticà a cui sono stati sottoposti gli investigatori, abbia ingiustamente provocato loro un profondo stato di amarezza, ampiamente mitigato dalla consapevolezza di aver svolto con senso del dovere, impegno e speditezza i delicati accertamenti di polizia sulla morte di Marco Pantani».
 

Jello

Gregario
7 Ottobre 2013
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Cinque poliziotti querelano la famiglia Pantani: «Basta!»
Non è più tollerabile questo linciaggio mediatico


GIUSTIZIA | Cinque poliziotti che erano in servizio nel 2004 alla Squadra Mobile della Questura di Rimini e che indagarono sulla morte del campione di ciclismo Marco Pantani hanno dato mandato agli avvocati Moreno Maresi e Mattia Lanciani di procedere in giudizio contro tutti coloro che hanno diffuso "notizie gravemente lesive" della loro reputazione. .

In pratica, vorrebbero querelare per diffamazione, che so, De Zan e la Gazzetta?
 

Pivens

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11 Dicembre 2004
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Di quand'è questa intervista?
Sembra una cosa molto precedente alla sua fine (qualche anno direi).
Di quando sia non lo so, però noto che la Gazzetta ha "corretto il tiro". Quando uscì (per la prima volta sul sito della Gazzetta) se ne parlava come dell'ultima intervista rilasciata prima della scomparsa. Dopo che più di uno ha sollevato dubbi sul fatto che potesse non essere effettivamente l'ultima, (sono anche state fatte notare le orecchie "pre chirurgia") hanno modificato titolo e didascalie...
 

Jello

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7 Ottobre 2013
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Questa sera a Rimini verrà presentato il libro "Delitto Pantani Ultimo Kilometro (Segreti e bugie)" scritto da Andrea Rossini, un giornalista della sezione cronaca nera del Corriere di Romagna.
Interverranno anche Tonina Pantani, l'avvocato Antonio De Rensis (legale della famiglia Pantani che ha chiesto la riapertura del caso) e Francesco Ceniti, giornalista della Gazzetta dello Sport che ha scritto numerosi articoli sulla vicenda Pantani.

Se ne parla anche su CYCLINGNEWS, che ha intervistato l'autore del libro, il giornalista Rossini, definito a tutti gli effetti come un "debunker", un demistificatore.
Però mi sorprenderei se la madre di Pantani e l'avvocato di famiglia si presentassero realmente alla cerimonia. Se da una parte la cosa sarebbe del tutto normale, dal momento che sono le persone che hanno vissuto sulla propria pelle questa tragedia, tuttavia non posso fare a meno di ricordare che, sostanzialmente, questo nuovo bailamme mediatico attorno alla morte del Pirata sia stato scaturito proprio dall'insistenza con la quale hanno voluto dar seguito alle dichiarazioni (per me, poco credibili) di Vallanzasca.
In fin dei conti, se le anticipazioni sono corrette, mi aspetto che il giornalista Rossini dica qualcosa del genere: "Mamma Tonina, mi dispiace umanamente per lei, ma si metta il cuore in pace"!
 

Ser pecora

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Di quando sia non lo so, però noto che la Gazzetta ha "corretto il tiro". Quando uscì (per la prima volta sul sito della Gazzetta) se ne parlava come dell'ultima intervista rilasciata prima della scomparsa. Dopo che più di uno ha sollevato dubbi sul fatto che potesse non essere effettivamente l'ultima, (sono anche state fatte notare le orecchie "pre chirurgia") hanno modificato titolo e didascalie...

Si vede anche che è tirato fisicamente. Io ricordo foto del 2003 ca. in cui avrà avuto 15kg in più...
Anche i discorsi sembrano piuttosto "agguerriti", non mi sembrano roba da uno affetto da depressione come negli ultimi 2 anni di vita.
 

Jello

Gregario
7 Ottobre 2013
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Di quando sia non lo so, però noto che la Gazzetta ha "corretto il tiro". Quando uscì (per la prima volta sul sito della Gazzetta) se ne parlava come dell'ultima intervista rilasciata prima della scomparsa. Dopo che più di uno ha sollevato dubbi sul fatto che potesse non essere effettivamente l'ultima, (sono anche state fatte notare le orecchie "pre chirurgia") hanno modificato titolo e didascalie...

Che tristezza! Intendo dire, questo modo di fare della Gazzetta.
Mi auguro, e voglio credere, che sia stato solo un errore occasionale, comunque una grave approssimazione, perdonabile, certo, visto che può sempre succedere.
In caso contrario, sarebbe realmente una brutta cosa, e verrebbe da pensare male.
 
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Ickx

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Questa sera a Rimini verrà presentato il libro "Delitto Pantani Ultimo Kilometro (Segreti e bugie)" scritto da Andrea Rossini, un giornalista della sezione cronaca nera del Corriere di Romagna.
Interverranno anche Tonina Pantani, l'avvocato Antonio De Rensis (legale della famiglia Pantani che ha chiesto la riapertura del caso) e Francesco Ceniti, giornalista della Gazzetta dello Sport che ha scritto numerosi articoli sulla vicenda Pantani.

Appena esce in libreria, questo libro me lo compro (come ho acquistato del resto tutti gli altri relativi a Marco Pantani). Sembra che Rossini parteggi fermamente per l'ipotesi del suicidio.

Io invece decisamente No.
Ad ognuno ovviamente le sue letture, ma evito libri, inchieste presunte ed approfondimenti dell'ultima ora, che in genere non aggiungono nulla a ciò che si sa già, considerato che ci sono indagini ancora in corso.

Il giornalismo di inchiesta è un'altra cosa: dall'approfondimento di qualche coraggioso giornalista a volte si sono scoperte storie e verità diverse, non credo che sia questo il caso.

Magari sarà pure un buon libro, ma mi sembra la classica strenna natalizia utile solo alle tasche dell'autore.
 

Jello

Gregario
7 Ottobre 2013
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Nelle ultime ore, alcune testate giornalistiche nazionali (Il Fatto Quotidiano, CorriereRomagna, Gazzetta dello Sport, ecc...), hanno riportato gli ultimi sviluppi della vicenda.
Per riassumere, il professor Tagliaro, perito super partes incaricato dalla procura di Rimini dopo la riapertura del caso, ha di fatto confermato la bontà della perizia effettuata 10 anni fa, all'epoca del decesso, asserendo che non vi è evidenza che Pantani sia stato aggredito, giacché le ferite rinvenute sul corpo sono compatibili con una o più cadute, e non con un'aggressione.
Inoltre, per attendere il responso delle nuove perizie tossicologiche da parte del perito, occorrerà attendere ancora qualche settimana.
La famiglia Pantani aveva sempre contestato la validità del responso della prima perizia di 10 anni fa, sulla base del lavoro di un consulente di parte, che non aveva escluso a priori la possibilità di un'aggressione.
Oggi, le conclusioni di questo perito che - è bene ricordare - rimane pur sempre un perito di parte, non sono state fatte proprie dal nuovo perito cui si è rivolta la procura.
Da ultimo, segnalo che alla presentazione del libro del giornalista Rossini, in cui si smentisce categoricamente la possibilità dell'evento delittuoso, non erano presenti né la madre Tonina né l'avvocato della famiglia Pantani. Personalmente, mi pareva inverosimile che la famiglia di Pantani, dopo aver lottato per anni per sostenere l'ipotesi del complotto/omicidio, prendesse parte alla presentazione di un libro in cui, sostanzialmente, si asserisce il contrario.
 
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Travis Tygart Fan

Apprendista Scalatore
25 Gennaio 2013
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Ecco l'introduzione del libro di Rossini (riportate sul blog di Eugenio Capodacqua):

Pantani: "Non l'hanno ucciso"; un libro spiega perchè non regge la tesi dell'omicidio

“Non l’hanno ammazzato” e la tesi del complotto (o dei complotti: Madonna di Campiglio e la morte tragica per overdose nel 2003) che ha portato di recente all’apertura di due inchieste giudiziarie non ha fondamento razionale. Andrea Rossini, forse il giornalista investigativo che ha seguito più da vicino la vicenda di Marco Pantani, cronista di giudiziaria per il “Corriere di Romagna”, nonché collaboratore de La Stampa, si schiera apertamente e con coraggio in questo nuovo libro “Delitto Pantani” (sottotitolo: “Ultimo Chilometro (segreti e bugie)” – NdA press 166 pg) affronta e smonta ad una ad una le tesi suggestive che hanno infiammato la cronaca delle ultime settimane. Documentato e minuzioso, il giornalista perugino ha l’animo di sostenere quello che in pochi hanno sostenuto fin qui, mettendo a nudo la solita speculazione mediatica e affaristica che ancora una volta approfitta del nome famoso e della immane tragedia umana per una copia in più venduta o per un’audience che cresce. Smontando uno ad uno tutti i rilievi e le presunte incongruenze della prima inchiesta sulla morte e sulla esclusione dal Giro 1999 a Madonna di Campiglio per valori ematici fuori norma. Ecco la breve introduzione di un testo che vale la pena di leggere, quanto meno per la fedeltà cronistica che anima il lavoro minuzioso di Rossini.

Spingersi furtivamente all'ultima pagina, sfogliando il libro dopo averlo aperto con aria distratta, non servirebbe a niente: c'è la risposta a tutti gli interrogativi, ma il nome dell' assassino non viene svelato. Non spunterà neppure al termine della nuova indagine per omicidio volontario aperta sulla base dell'esposto dell'avvocato Antonio De Rensis per conto dei genitori di Marco Pantani. Sempli-cemente perché il Colpevole, figlio della teoria del complot-to, non esiste. Non significa però che in questa storia siano tutti innocenti. Anzi. Si scoprirà, ma solo leggendo, che non lo è nessuno. A partire dal lettore attratto dal " giallo" e deluso, dopo appena due di righe, dalla prematura sco-perta che il finale non placherà né il suo bisogno di intri-ghi né la crisi d'astinenza dalle imprese impossibili dei corridori di quegli anni. Il doping, infatti, non riguarda solo il ciclismo, ma tutti noi, alla disperata ricerca di "nuove" rivelazioni e alimenta un certo giornalismo al tra-monto che, come nel vecchio west, alla storia privilegia la leggenda. All'approfondimento la velocità, alla verità il profitto. "Se non cavalchiamo la tesi dell' omicidio, quando li vendiamo più i quotidiani?" è la sconfortata sintesi di un inviato. Un discorso che può essere allargato a dvd, ban-dane, scarpe, magliette che continuano a essere smerciati in nome di Marco (o del marketing?). Anche libri, certo: ma questo non è il solito libro su Pantani scritto sull' onda di un' emozione che non si spegne. È piuttosto un invito a difendersi dai meccanismi della macchina del mito, capa-ce di trasfigurare "la verità" che, come diceva Simenon, "non sembra mai vera" e, per sua natura, lascia spazio al dubbio (forza, ma anche debolezza della ragione). L'inseguirsi dei colpi di scena risponde a una logica da fic-tion, prevede la sospensione dell1incredulità, parla al cuore e non alla testa, ai sentimenti profondi, specie del tifoso, che spesso affondano nell' infanzia e ne conservano la purezza. Non si tratta di menzogne, l'avvocato De Rensis coglie contraddizioni esistenti e i magistrati indagano dav-vero, ma il "racconto" del caso Pantani (congiure, com-plotti, depistaggi e misfatti) più che distinguersi dalla realtà ha l'ambizione di sostituirvisi.
Le battaglie giudiziarie della famiglia del Pirata non arriveranno a dimostrare le tesi dell’assassinio e del com-plotto, vulnerabili a un vaglio critico, ma sfuggite all' am-bito originario, hanno già ottenuto lo scopo: danneggiare la sfera razionale e imbastire una versione popolare da con-segnare ai posteri. In gioco c'è la memoria del Pirata, far sopravvivere l'immagine di un'immagine e trasformarla in effigie. La vita e la morte della persona, la sua stessa dignità, rischiano di passare in secondo piano. Chi rifiuta di portare il proprio mattone alla costruzione del monu-mento si ritrova nella condizione del dottor Semmelweiss, il medico ottocentesco divenuto folle perché non riuscì a convincere gli accademici contemporanei di ciò che per lui era evidente: bastava lavarsi le mani per diminuire la mor-talità delle puerpere.
La notizia dell'indagine-bis sulla fine del campione, atleta che nel giorno dell'ultima vittoria radunò davanti alla televisione più di sei milioni di spettatori e in quello della morte fece levitare gli ascolti medi dei notiziari di quattro punti di share, è diventata virale su internet dove il sensazionalismo "accalappiaclic" è ormai la regola. Si è assistito alla moltiplicazione all'infinito del titolo della Gazzetta dello sport: "Fu ucciso" (spesso sono sparite le virgolette, il punto interrogativo è apparso solo su qualche sito straniero). Uno "scoop" corredato non dalle crude istantanee del residence, ma dall' immagine vincente del ciclista e da un fumetto alla Diabolik a illustrare la fantasiosa ipotesi dell' assassinio del Pirata. Eppure già il magistrato riminese della prima inchiesta, forse solo per togliersi i cronisti dai piedi, invitò a separare due aspetti: le imprese sportive e la fine dell' uomo. I custodi dell' immagine, più o meno ufficiali, più o meno innocenti, s'impegnano invece in un processo di "beatificazione" dove non c'è interesse a fare distinzioni tra "il ciclista super e la persona come tutte le altre", secondo la definizione di un vecchio gregario. Si finisce, così, per relegare la controversa fragilità di un uomo carismatico che amava Charlie Parker e Che Guevara, al santino di qualcosa che obiettivamente non fu: paladino della lotta al doping, capro espiatorio, eroe da tragedia greca, vittima di poteri oscuri.
Mi sono ritrovato per caso, da redattore di cronaca giudiziaria a Rimini, a muovermi nella selva di interessi, nel dolore di una famiglia, nella passione dei tifosi: seguendo, attraverso le orme dell'inchiesta penale, il tragico destino di Marco. L'unico killer - come osserva Matt Rendell, biografo inglese del Pirata - capace di introdursi in una stanza chiusa dall'interno. Sono stato fin dal primo giorno gomito a gomito con investigatori e testimoni. Nel tempo ho parlato con imputati, avvocati, magistrati e consulenti, seguito i processi, raccolto documenti e sentenze, preso in considerazione dubbi ed elementi contradditori. Pubblicai, il 5 giugno 2004, un instant book sulla morte di Pantani (Ultimo chilometro, uscito allegato al Corriere Romagna e alla Stampa) .
Un racconto che “ispirò” altri successivi volumi e ovviamente questo, di cui è la versione aggiornata e approfondita, con tanto di appendice investigativa. Non è il solito libro sul Pirata: se quello fu il primo, “Delitto Pantani: ultimo chilometro (segreti e bugie)" ambisce a essere l'ultimo. Quello che chiude il caso giudiziario e la parentesi della cronaca, e restituisce Pantani alla dimensione più autentica del mito. È sorprendente scoprire come certi dettagli nel frattempo si siano persi per strada, come si dia per assodato che l'inchiesta fu lacunosa a prescindere dalla cattura e dalla condanna dei responsabili dello spaccio. Sorprendente la disinvoltura dei commenti a ruota libera, sganciati dai fatti, le inesattezze, le partigianerie prese per oro colato dagli opinionisti e dai criminologi da talk show. La commiserazione di quelli che la sanno lunga e ti prendono per l'unico fesso che si abbevera alla versione ufficiale. Della polizia, poi.
Per sgombrare il campo sono ripartito da zero ripercorrendo le cinquemila carte del processo alla luce delle acute obiezioni contenute nell' esposto e nella perizia scientifica che, grazie a una attenta e legittima rilettura degli atti, hanno portato a riaprire il caso (atto tutt'altro che dovuto). Ho recuperato e privilegiato le fonti primarie, tralasciato quanto era stato detto o scritto altrove, rivisto gli appunti, confrontato le vecchie testimonianze, più genuine, con quelle recenti raccolte nelle indagini difensive, analizzato verbali e filmati. Concludere che “non l'hanno ammazzato" (tesi poco commerciale) non vuole essere né una prova di arroganza, né di presunzione e tantomeno un tentativo di sostituirsi alla procura con una di richiesta di archiviazione anticipata. Il risultato, due facce di uno stesso reportage (da una parte il racconto degli ultimi mesi che si legge come un romanzo al quale è stato strappato il lieto fine, dall' altro un approfondito botta e risposta), si propone come una bussola perché ciascuno, a partire da alcuni punti fermi, possa orientarsi e giudicare in proprio l'attendibilità di eventuali nuove prove. Un atto dovuto per chi indagò in buona fede e con scrupolo, un omaggio ai cronisti in scarpe da tennis, ma soprattutto un segno di profondo rispetto nei confronti di Pantani, morto quando si è ritrovato solo. Perché la sua fine non diventi senza fine come quelle di Marilyn o Tenco. Raccontare il dolore di Marco, è stato anche provarlo. Quasi ritrovarsi chiusi nella stessa stanza e guardarsi, con lui, allo specchio. Per scorgere, invece dell'immagine pubblica del Pirata, il volto della consapevole e romantica ribellione, muta perché "colpevole", di un uomo che paga un prezzo altissimo a trenta quattro anni per uscire da un mondo in cui non si riconosce. Per consegnarsi alla leggenda come una rockstar. Voleva dimostrare che era davvero diverso dagli altri. C'è riuscito. Avvicinarsi alla sua storia suscita una profonda nostalgia. DargIi pace e giustizia non significa trovare un assassino a tutti i costi, né negare l'evidenza del doping, ma ripercorrere senza ipocrisie la sua parabola troppo umana e comprendere la ragione di certe scelte per non ridurre una persona così speciale al Pantani di cartapesta che pedala all'infinito nel museo di Cesenatico. (Andrea Rossini)

***

Sempre sull'argomento, riporto due articoli scritti sempre da Rossini:

Le nuove ipotesi su Pantani non reggono
ilpost.it/2014/08/05/morte-pantani-omicidio-cocaina/
Ecco perché non è stato ammazzato
corriereromagna.it/news/rimini/6104/Ecco-perche-non-e-stato-ammazzato.html

***

Le ferite sul corpo di Marco Pantani sarebbero compatibili con una caduta, proprio come stabilito dopo l’autopsia sul corpo del Pirata. Sono queste le prime informazioni che trapelano dai risultati delle analisi disposte dalla Procura di Rimini e svolte dal medico legale Franco Tagliaro.
[..]
http://www.ilfattoquotidiano.it/201...izia-ferite-corpo-compatibili-caduta/1243632/
 
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Ecco l'introduzione del libro di Rossini (riportate sul blog di Eugenio Capodacqua):

Pantani: "Non l'hanno ucciso"; un libro spiega perchè non regge la tesi dell'omicidio

“Non l’hanno ammazzato” e la tesi del complotto...
Mi fa piacere leggere uno scritto come questo.
L'introduzione mi induce a pensare che il libro sia stato ben scritto: magari, sarebbe un bel regalo da farsi fare a Natale.
Comunque, non posso fare a meno di rimarcare come l'autore sembri stigmatizzare il comportamento leggero e sensazionalistico da parte di certa stampa.
Devo confessare che io stesso ho provato fastidio nel vedere come la vicenda sia stata trattata da alcuni giornali.
Per carità, ognuno di noi al proposito ha le proprie opinioni, ed è giusto che sia così. Ma, a volte, in questa vicenda, che rimane comunque drammatica, ho avuto l'impressione che chi calcava la mano, lo faceva non allo scopo di accertare la verità, qualsiasi essa sia, ma al solo scopo di dividere il pubblico in due fazioni, tra guelfi e ghibellini, in questo caso tra complottisti e non.
 
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Travis Tygart Fan

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Mi fa piacere leggere uno scritto come questo.
L'introduzione mi induce a pensare che il libro sia stato ben scritto: magari, sarebbe un bel regalo da farsi fare a Natale.
Comunque, non posso fare a meno di rimarcare come l'autore sembri stigmatizzare il comportamento leggero e sensazionalistico da parte di certa stampa.
Devo confessare che io stesso ho provato fastidio nel vedere come la vicenda sia stata trattata da alcuni giornali.
Per carità, ognuno di noi al proposito ha le proprie opinioni, ed è giusto che sia così. Ma, a volte, in questa vicenda, che rimane comunque drammatica, ho avuto l'impressione che chi calcava la mano, lo faceva non allo scopo di accertare la verità, qualsiasi essa sia, ma al solo scopo di dividere il pubblico in due fazioni, tra guelfi e ghibellini, in questo caso tra complottisti e non.
Il giornalista era stato anche interrogato dalla Procura di Rimini.

La procura di Rimini impegnata a concludere gli interrogatori legati alla nuova inchiesta per omicidio volontario sul caso Pantani, ha ascoltato come persona informata sui fatti il giornalista Andrea Rossini, cronista di giudiziaria del Corriere Romagna e autore del libro «Delitto Pantani: ultimo chilometro» in uscita in libreria dal 19 novembre (si tratta di un edizione aggiornata del libro ULTIMO CHILOMETRO, uscito nel giugno del 2004, ndr). Gli investigatori avrebbero rivolto all'autore, che ha seguito il caso fin dal 14 febbraio del 2004, giorno della morte di Pantani, alcune domande relative all'attività investigativa da lui svolta negli ultimi mesi volta a chiarire gli interrogativi sollevati dall'esposto dell'avvocato Antonio De Rensis. Il giornalista, che si è offerto di mettere a disposizione dei poliziotti della procura i propri appunti e le bozze del volume in fase di pubblicazione, avrebbe fornito spunti giudicati interessanti dagli investigatori, passati finora inosservati, e stimoli per ulteriori approfondimenti, mantenendo l'anonimato delle sue fonti. [..]
http://www.tuttobiciwe b.it/index.php?page=news&cod=73852
 

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Il giornalista era stato anche interrogato dalla Procura di Rimini.

La procura di Rimini impegnata a concludere gli interrogatori legati alla nuova inchiesta per omicidio volontario sul caso Pantani, ha ascoltato come persona informata sui fatti il giornalista Andrea Rossini, cronista di giudiziaria del Corriere Romagna e autore del libro «Delitto Pantani: ultimo chilometro» in uscita in libreria dal 19 novembre (si tratta di un edizione aggiornata del libro ULTIMO CHILOMETRO, uscito nel giugno del 2004, ndr). Gli investigatori avrebbero rivolto all'autore, che ha seguito il caso fin dal 14 febbraio del 2004, giorno della morte di Pantani, alcune domande relative all'attività investigativa da lui svolta negli ultimi mesi volta a chiarire gli interrogativi sollevati dall'esposto dell'avvocato Antonio De Rensis. Il giornalista, che si è offerto di mettere a disposizione dei poliziotti della procura i propri appunti e le bozze del volume in fase di pubblicazione, avrebbe fornito spunti giudicati interessanti dagli investigatori, passati finora inosservati, e stimoli per ulteriori approfondimenti, mantenendo l'anonimato delle sue fonti. [..]
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Credo che i PM abbiano sentito il giornalista Rossini più che altro per scrupolo, solo per dimostrare all'avvocato De Rensis ed all'opinione pubblica che nulla è stato lasciato al caso, visto che ancora adesso è opinione abbastanza diffusa che la prima inchiesta sia stata condotta in maniera approssimativa.
Sinceramente, considerando che Rossini in questo suo libro smonta ogni ipotesi di delitto, e che la stessa nuova perizia ordinata dalla procura nega la possibilità che Pantani sia stato aggredito, non vedo come a seguito di questo colloquio possano emergere elementi nuovi. Comunque, non resta che attendere che siano rese note le risultanze nel nuovo test tossicologico ordinato dalla procura all'esperto professor Tagliaro.
A quel punto, se la nuova perizia non dovesse dare risultati sconvolgenti ed inaspettati, si potrebbe mettere la parola fine una volta per tutte a questa triste vicenda.
 

Travis Tygart Fan

Apprendista Scalatore
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PANTANI: La morte causata da farmaci e droga

La morte di Marco Pantani fu causata da "un cocktail di farmaci e droga". È quanto sostiene il medico legale della nuova indagine in un rapporto citato dall'agenzia France Press. Il 14 febbraio 2004 il ciclista fu ucciso da "un'insufficienza cardiaca acuta causata da una miscela di farmaci e cocaina", scrive il professor Franco Tagliaro, consulente della procura di Rimini. Questi sviluppi, rispetto alle indagini che oltre 10 anni fa parlarono solo di una overdose di cocaina, avvalorano la possibilità di un suicidio del campione italiano, scrive ancora la Afp. E rafforzano, inoltre, la tesi che il vincitore nel 1998 del Giro d'Italia e del Tour morì da solo. Non fu cioè vittima di un "omicidio volontario", ipotesi avanzata dal legale della famiglia Pantani, Antonio De Rensis. Ipotesi che ha causato la riapertura dell'inchiesta da parte del Procuratore di Rimini, Paolo Giovagnoli. (ANSA)
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...Ma, a volte, in questa vicenda, che rimane comunque drammatica, ho avuto l'impressione che chi calcava la mano, lo faceva non allo scopo di accertare la verità, qualsiasi essa sia, ma al solo scopo di dividere il pubblico in due fazioni, tra guelfi e ghibellini, in questo caso tra complottisti e non.

Sagge riflessioni. Ti dirò di più, anche il libro non è esente dal fatto di cavalcare l'ondata sensazionalistica di una delle due fazioni.

Ecco perché non spendo un euro per i giornali, né per il libro. E vorrei che nemmeno me lo regalassero a Natale.