C'e' l'aria fresca stamane, che sa ancora di pioggia, e la strada bagnata fa il paio col cielo grigio, nel quale occhieggiano solo qua e la' sprazzi d'azzurro. E' bello nei rari tratti d'asfalto buono, senza buche o rattoppi, sentire la bici che scorre silenziosa nella quiete della campagna e apprezzare la sensazione di stabilita' data dal peso delle borse dietro, sul portapacchi.
Lasciar vagare lo sguardo senza l'assillo della fretta, tener d'occhio il contachilometri parziale, ogni tanto controllare il road-book con le indicazioni del percorso. Solo, immerso nel silenzio delle sette e mezza di mattina, con la sensazione di essere autonomo, senza dover tenere il passo di nessuno, senza tattiche da inventare e con tanta strada davanti.
Non mi piace la bici che non porta da nessuna parte: sara' l'eta', sara' il carattere ma il giro in bici deve avere uno scopo per avere un senso, almeno per me, e lo scopo e' andare da qualche parte. Non importa il tipo di bici, non importa se carico le borse sulla mountain bike o su quella da corsa perche' il mezzo e' un dettaglio che si presta a cambiare a seconda del percorso e delle sue esigenze. Importa quella sensazione di liberta' che da' l'essere sulla strada potendosi fermare quando si vuole, scegliendo l'andatura, sapendo che si potrebbe anche, in casi estremi, salire su un treno per tornare a casa o fermarsi a dormire laggiu', da qualche parte e tornare il giorno dopo.
Soli certo, perche' e' difficile trovare chi nell'aggregarsi non si debba adattare, e forzare il suo passo o cambiare il nostro, ma e' proprio la solitudine, la condizione mentale che rende attraente quest'avventura, almeno per chi del vuoto, della solitudine non ha paura ma anzi la cerca come un antidoto per tante altre cose, quelle si', che vengono imposte. Non e' esser schivi, perche' quando per caso incontro qualcuno e facciamo un tratto insieme e' piacevole, ma lo e' proprio in quanto temporaneo, provvisorio.
Mi piace andare in giro cosi', vestito a modo mio coi pantaloni normali stretti in fondo dal velcro per non toccare la catena -ma quelli corti col fondello sotto-, con le scarpe da mountain bike che ci si possa camminare, con la bici si' da corsa ma col portapacchi e le borse con tutto quel che serve per non aver caldo, freddo, fame, per riparare il mezzo e per non perdermi. Non importa se pesa perche' tanto vado piano, e non importa se non sembro un ciclista perche' tanto lo sono lo stesso, certo di un tipo un po' particolare ma i pedali, la catena e le ruote ci sono e il resto in fondo e' moda: oggi e' cosi' domani chissa'.
Cercare la strada, andar lungo a un bivio e tornare indietro, scoprire colline e salite, vigneti e torrenti, fermarsi per una foto sotto una finestra che si apre in un muro verniciato d'azzurro, come il cielo che ora s'e' aperto e regala tratti di sole sempre piu' frequenti che mi fanno riporre l'antivento perche' fa caldo e la strada asciuga.
E' bello, e anche se non mi posso permettere di fare tanti chilometri perche' me ne mancano l'abitudine e le forze sette ore in sella in giro cosi' lasciano un segno, un piacevole strascico che nei giorni a seguire permane, da' come le endorfine una sensazione di pace, di soddisfazione, d'euforica tranquillita'.
Non e' questione di volerne sempre di piu' ma il giusto, perche' rimanga un piacere e non un obbligo con le sue scadenze, le sue ansie, le sue lunghe meticolose preparazioni. Un giro come quello di oggi lo ricordero' a lungo, ma non vivro' nell'ansia di ripeterlo: le cose piacevoli e' bene che siano rare, per continuare ad esser tali.
E' bello vivere sapendo di poter caricare la bici e partire: cosi' bello da far sentir meglio, anche quando non lo si puo' fare.
(Mini randonnee di Moriondo, 130 Km, 20 marzo 2011)