Chi non l'ha mai provata? Definita in vari modi: “finire la benzina” - “spegnersi la luce” - “scoppiare”. Spesso però, non si tratta di “cotta” vera, ma di un calo di energia, e quindi di prestazione, ma comunque si procede, più lentamente, ma si va avanti.
La cotta vera ti toglie ogni energia, ogni stimolo, induce il cervello a pensieri fortemente negativi, e si sa che la testa è il vero motore.
Come spesso accade ultimamente passo il week end dai suoceri a Andogno/Dorsino (TN) e ne approfitto per andarci in bici. La via più breve è: Settequerce (BZ), tutta pianura fino a Mezzolombardo, poi salire ad Andalo, lago di Molveno e Dorsino. Sono ca. 95 km, non troppo difficili che percorro in circa 4 orette (sosta compresa). Se ho tempo cerco peró di allungare, passando per il passo della Mendola, o il Passo Palade, e poi la val di Non. Ma sono anni ormai che sono sempre gli stessi percorsi. Questo venerdí volevo un itinerario diverso. Quindi: “Settequerce-Trento: 6o km praticamente pianeggianti. Poi da Trento fino ad Aldeno; da qui su per la valle dei Cei, quindi passo Bordala, Val di Gresta, Passo Santa Barbara; quindi giù ad Arco e su per il Passo Ballino; quindi Fiavè-Ponte Arche- e Andogno. Facile no? Sono ca. 130 km, qualche salita, qualche passo non troppo duro. “Quando arriverai?” mi chiede la morosa? “Parto alle 13.30, quindi in teoria per le 18.30 dovrei arrivare” .
Infatti alle 13.30 in punto parto da casa. I problemi intestinali dei giorni passati sembrano essere attenuati e sto abbastanza bene, anche se non benissimo. Decido di salire fino ad Appiano e immettermi nella ciclabile ad Egna. Il termometro del mio computerino segna 35°, ma il vento è stranamente a favore. Sì, è strano, in genere la Ora, il vento che soffia in Val d'Adige, d'estate spinge verso nord, e il pomeriggio anche piuttosto forte. Beh, meglio così. Ma le cose belle durano poco. Arrivo a San Michele all'Adige e lì intuisco che si svolgendo una “lotta” tra i venti: quello da nord che mi ha spinto fino a lì, si stava scontrando con la Ora. Infatti pochi km dopo trovo soltanto la Ora, chein maniera molto decisa ostacola il mio cammino. Arrivo a Trento e mi concedo una pausa gelato. Guardo l'ora. Sì, sono in orario. Chiamo la morosa per dirle che tutto procede come previsto. Riparto e mi dirigo a Ravina per poi raggiungere Aldeno. Ora il vento è forte e faccio fatica a tenere i 26/27 km/h. Arrivo ad Aldeno e inizia la salita per la Valle e il lago dei Cei. È lunga solo 8 km e arriva a ca 1000 m. Quindi nulla di che. Giá, sulla carta... Dopo qualche km, la pedalata si fa pesante, la velocità scende sotto i 12 km/h. Guardo la pendenza sul computerino: 11% -10%- 13%......porca miseria, ma almeno un tratto con la pendenza ad una sola cifra, no, eh? Guardo la temperatura: sempre 35° gradi.
La strada è caratterizzata da lunghi rettilinei, che psicologicamente mi fanno più male che la pendenza. Cerco di non guardare troppo in là. Ma quando si entra in questo circolo negativo, per qualche inspiegabile motivo, lo stimolo e la carica sono latitanti. Niente da fare, mi fermo esausto. Riparto per rifermarmi qualche centinaio di metri dopo. Quindi ecco il disonore massimo: incomincio ad incamminarmi spingendo la bici. Ma come? Su una salita del 10%? Come quella di casa (la Meltina)?. Sissignore! Sto proprio spingendo a piedi. E qui i pensieri negativi prendono il sopravvento: il “classico”: “ma chi me lo fa fare”? - “Forse mi conviene dedicarmi a qualcos'altro” - “Ormai ho 50 anni, e non ho più l'età per certe cose” e poi la preoccupazione maggiore: la Ötztaler Radmarathon di fine agosto, a cui sono iscritto. Se questo, che non è neppure un antipasto, mi riduce in queste condizioni, quando mai riuscirò a portarla a termine?
Si ferma un furgoncino e il conducente, vedendomi spingere, mi chiede se voglio un passaggio. Più per timidezza che per orgoglio, lo ringrazio ma rifiuto. Mi pento praticamente subito, mentre guardo la sagoma allontanarsi. Risalgo in sella, metto il rapportino e zigzagando, in qualche modo, obbligandomi a non fermarmi, raggiungo il Lago dei Cei. Sono spossato. Vorrei tanto una Coca Cola, ma non trovo nessun bar. Mangio la banana e una barretta, bevo e soprattutto, mi sdraio su un prato per un quarto d'ora. Che bene che si sta sdraiati! Ecco questo è il mio sport: lo sdraio! Guardo l'ora: le 17.20. Devo ancora salire i 6 km fino al Passo Bordala, poi scendere a Ronzo risalire i 3 km fino al Santa Barbara, poi scendere a Arco. Quindi risalire il Passo Ballino, scendere a Ponte Arche e risalire fino ad Andogno. Quello che sulla carta era fattibilissimo, ora mi fa rendere conto che non ce la posso fare ad essere lì per la cena. L'aria più fresca dei 1000 m mi rigenera un po' e raggiungo il Passo Bordala pian piano. Da lì chiamo la morosa, sforzandomi di avere una voce allegra e mascherare la cottura. Le dico che ho avuto dei problemi tecnici, il vento, la dimostrazione dei monaci tibetani che hanno bloccato la strada del Bordala, il blocco del traffico per la scoperta di un Tyrannosaurus Rex vivo (!)... insomma, le scuse più infime per nascondere la verità: cioé una cotta micidiale. Se avessi detto la verità mi sarei sentito dire le solite cose:”ma chi te lo fa fare?” - “Non hai più l'età per queste cose”....cioè le stesse che ho pensato io. Ma dette dalla compagna danno piú fastidio, quindi via libera alle balle.
In poche parole: “Mi verresti a prendere ad Arco, altrimenti non riesco ad essere lì per cena?” - “OK”.
Scendo a Ronzo Chienis e risalgo verso il Passo Santa Barbara. Anche qui, porca pupazza, pendenze a due cifre. Fortuna che è corto. Mi butto in discesa...beh, butto proprio no...scendo piuttosto piano perché la cotta mi ha annebbiato anche i riflessi.
Arriviamo praticamente insieme. Carico mestamente la bici in auto, come un professionista del Tour che getta la spugna. “Porca miseria, senza quegli intoppi il Passo Ballino lo spianavo!!” dico, sapendo di non essere molto convincente. Sono contento di sedere in auto e penso a quei terribili momenti di poche ore prima.
Forse, anche il fatto di essere stato da solo ha appesantito questa esperienza. Spero che mi serva da insegnamento ed essere pronto che quando arriva...arriva; che quando non “é giornata” c'é poco da fare.
La cotta vera ti toglie ogni energia, ogni stimolo, induce il cervello a pensieri fortemente negativi, e si sa che la testa è il vero motore.
Come spesso accade ultimamente passo il week end dai suoceri a Andogno/Dorsino (TN) e ne approfitto per andarci in bici. La via più breve è: Settequerce (BZ), tutta pianura fino a Mezzolombardo, poi salire ad Andalo, lago di Molveno e Dorsino. Sono ca. 95 km, non troppo difficili che percorro in circa 4 orette (sosta compresa). Se ho tempo cerco peró di allungare, passando per il passo della Mendola, o il Passo Palade, e poi la val di Non. Ma sono anni ormai che sono sempre gli stessi percorsi. Questo venerdí volevo un itinerario diverso. Quindi: “Settequerce-Trento: 6o km praticamente pianeggianti. Poi da Trento fino ad Aldeno; da qui su per la valle dei Cei, quindi passo Bordala, Val di Gresta, Passo Santa Barbara; quindi giù ad Arco e su per il Passo Ballino; quindi Fiavè-Ponte Arche- e Andogno. Facile no? Sono ca. 130 km, qualche salita, qualche passo non troppo duro. “Quando arriverai?” mi chiede la morosa? “Parto alle 13.30, quindi in teoria per le 18.30 dovrei arrivare” .
Infatti alle 13.30 in punto parto da casa. I problemi intestinali dei giorni passati sembrano essere attenuati e sto abbastanza bene, anche se non benissimo. Decido di salire fino ad Appiano e immettermi nella ciclabile ad Egna. Il termometro del mio computerino segna 35°, ma il vento è stranamente a favore. Sì, è strano, in genere la Ora, il vento che soffia in Val d'Adige, d'estate spinge verso nord, e il pomeriggio anche piuttosto forte. Beh, meglio così. Ma le cose belle durano poco. Arrivo a San Michele all'Adige e lì intuisco che si svolgendo una “lotta” tra i venti: quello da nord che mi ha spinto fino a lì, si stava scontrando con la Ora. Infatti pochi km dopo trovo soltanto la Ora, chein maniera molto decisa ostacola il mio cammino. Arrivo a Trento e mi concedo una pausa gelato. Guardo l'ora. Sì, sono in orario. Chiamo la morosa per dirle che tutto procede come previsto. Riparto e mi dirigo a Ravina per poi raggiungere Aldeno. Ora il vento è forte e faccio fatica a tenere i 26/27 km/h. Arrivo ad Aldeno e inizia la salita per la Valle e il lago dei Cei. È lunga solo 8 km e arriva a ca 1000 m. Quindi nulla di che. Giá, sulla carta... Dopo qualche km, la pedalata si fa pesante, la velocità scende sotto i 12 km/h. Guardo la pendenza sul computerino: 11% -10%- 13%......porca miseria, ma almeno un tratto con la pendenza ad una sola cifra, no, eh? Guardo la temperatura: sempre 35° gradi.
La strada è caratterizzata da lunghi rettilinei, che psicologicamente mi fanno più male che la pendenza. Cerco di non guardare troppo in là. Ma quando si entra in questo circolo negativo, per qualche inspiegabile motivo, lo stimolo e la carica sono latitanti. Niente da fare, mi fermo esausto. Riparto per rifermarmi qualche centinaio di metri dopo. Quindi ecco il disonore massimo: incomincio ad incamminarmi spingendo la bici. Ma come? Su una salita del 10%? Come quella di casa (la Meltina)?. Sissignore! Sto proprio spingendo a piedi. E qui i pensieri negativi prendono il sopravvento: il “classico”: “ma chi me lo fa fare”? - “Forse mi conviene dedicarmi a qualcos'altro” - “Ormai ho 50 anni, e non ho più l'età per certe cose” e poi la preoccupazione maggiore: la Ötztaler Radmarathon di fine agosto, a cui sono iscritto. Se questo, che non è neppure un antipasto, mi riduce in queste condizioni, quando mai riuscirò a portarla a termine?
Si ferma un furgoncino e il conducente, vedendomi spingere, mi chiede se voglio un passaggio. Più per timidezza che per orgoglio, lo ringrazio ma rifiuto. Mi pento praticamente subito, mentre guardo la sagoma allontanarsi. Risalgo in sella, metto il rapportino e zigzagando, in qualche modo, obbligandomi a non fermarmi, raggiungo il Lago dei Cei. Sono spossato. Vorrei tanto una Coca Cola, ma non trovo nessun bar. Mangio la banana e una barretta, bevo e soprattutto, mi sdraio su un prato per un quarto d'ora. Che bene che si sta sdraiati! Ecco questo è il mio sport: lo sdraio! Guardo l'ora: le 17.20. Devo ancora salire i 6 km fino al Passo Bordala, poi scendere a Ronzo risalire i 3 km fino al Santa Barbara, poi scendere a Arco. Quindi risalire il Passo Ballino, scendere a Ponte Arche e risalire fino ad Andogno. Quello che sulla carta era fattibilissimo, ora mi fa rendere conto che non ce la posso fare ad essere lì per la cena. L'aria più fresca dei 1000 m mi rigenera un po' e raggiungo il Passo Bordala pian piano. Da lì chiamo la morosa, sforzandomi di avere una voce allegra e mascherare la cottura. Le dico che ho avuto dei problemi tecnici, il vento, la dimostrazione dei monaci tibetani che hanno bloccato la strada del Bordala, il blocco del traffico per la scoperta di un Tyrannosaurus Rex vivo (!)... insomma, le scuse più infime per nascondere la verità: cioé una cotta micidiale. Se avessi detto la verità mi sarei sentito dire le solite cose:”ma chi te lo fa fare?” - “Non hai più l'età per queste cose”....cioè le stesse che ho pensato io. Ma dette dalla compagna danno piú fastidio, quindi via libera alle balle.
In poche parole: “Mi verresti a prendere ad Arco, altrimenti non riesco ad essere lì per cena?” - “OK”.
Scendo a Ronzo Chienis e risalgo verso il Passo Santa Barbara. Anche qui, porca pupazza, pendenze a due cifre. Fortuna che è corto. Mi butto in discesa...beh, butto proprio no...scendo piuttosto piano perché la cotta mi ha annebbiato anche i riflessi.
Arriviamo praticamente insieme. Carico mestamente la bici in auto, come un professionista del Tour che getta la spugna. “Porca miseria, senza quegli intoppi il Passo Ballino lo spianavo!!” dico, sapendo di non essere molto convincente. Sono contento di sedere in auto e penso a quei terribili momenti di poche ore prima.
Forse, anche il fatto di essere stato da solo ha appesantito questa esperienza. Spero che mi serva da insegnamento ed essere pronto che quando arriva...arriva; che quando non “é giornata” c'é poco da fare.
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