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2 marzo - QUANDO I "MEDIA" FANNO FINTA DI NON VEDERE. LA MORTE DI WALLAARD E L'AMARO COMMENTO DI IVANO FANINI
ROMA - Muore un giovane ciclista di ventisei anni. I motivi sono ancora oscuri in attesa dell'autopsia, ma, come spesso accade, la tragedia viene subito avvolta da sospetti e ipotesi inquietanti. Tutti sanno a quale "turn over" di farmaci (consentiti e non; ma certamente non fa bene al fisico anche l'abuso di farmaci "consentiti"...) è in genere sottoposto un ciclista, specie se vuole emergere. Ma tutto questo non ci consente di dire matematicamente che Tizio è morto perchè ha abusato di farmaci o Caio perchè si è dopato come un cavallo. Non lo possiamo dire. E, probabilmente, neanche l'autopsia ci aiuterà dissolvere i dubbi. Come è già accaduto in altri casi. Una cosa, però deve essere sottolineata: l'assoluta insensibilità e "impermeabilità" dell'ambiente alla notizia. Come se parlare di questi drammi non fosse quanto meno uno strumento di deterrenza; per cercare che magari in futuro certe tragiche coincidenze non si verifichino più. Ebbene: qui dappresso riportiamo alcune note che sulla vicenda si è sentito di esprimere Ivano Fanini. Un personaggio aborrito nel ciclismo proprio perchè da anni, ormai, si è schierato nettamente contro quelle pratiche che sono la causa principale delle tragedie che da qualche tempo in qua colpiscono il ciclismo. Sono tante, troppe le morti improvvise per non cercare di capire più a fondo. Dal 2.000: Zanette (33 anni), un dilettante sedicenne deceduto in corsa, il francese Salanson (23) lo spagnolo Jimenez e Pantani (quest'ultimi per overdose di cocaina: là dove dal doping alla droga il passaggio è quasi inavvertito), l'ex campione del mondo Knetemann (53); nel giugno scorso il povero Galletti e adesso questo 26enne sulla cui disponibilità a "scommettere" forte sul ciclismo nessuno nutriva dubbi. Dopo anni di limbo negli elite aveva finalmente avuto un contratto fra i pro. Ma nelle gare di esordio un fastidioso e imprevisto problema alla schiena ne aveva frenato le speranze. Si può continuare a morire così, senza che nessuno si chieda perchè; senza che nessuno cerchi di sapere con certezza perchè? Magari con l'umile scopo di evitare che altri incorrano nella stessa disgraziata sorte? Si può continuare a morire così senza che i "media" segnalino in qualche modo la gravità del problema? Qui non si tratta di cercare alibi e/o scuse. Vorremo sapere perchè. Senza infingimenti. Senza frettolose e approssimate archiviazioni. Ma come fare se neppure l'Ansa, l'agenzia "madre" di tutte le notizie, trova spazio per sottolineare la gravità di questo fatto? Al breve flash dell'altro giorno aveva fatto seguito - a quanto ci risulta - un commento di Ivano Fanini, che mette a nudo alcuni importanti aspetti della questione ciclismo-abuso di farmaci e oltre. Alle 21 del 2 marzo (il tempo utile perchè potesse essere ripresa dai giornali del giorno dopo) tale commento alla notizia (che riportiamo qui sotto integralmente) non era ancora stato battuto. Fa male parlare di morti nel ciclismo, evidentemente. Disturba i padroni del vapore che pensano solo a spremere il business, non importa quello che succeda. L'uomo non conta. La vita umana non conta. Il perchè un 26enne muore così inspiegabilmente non conta. Siamo alla legge della jungla ovvero la legge del denaro. Ma si può mai parlare di valori in uno sport siffatto? Ecco qui di seguito il commento di Fanini:
Siamo ad inizio di stagione, è passato soltanto un mese di gare e già dobbiamo assistere all'ennesima tragedia. La morte dellex campione olandese Arno Wallaard mi lascia veramente impietrito. E' fin troppo facile nel ciclismo fare l'equazione morte-doping. Non voglio farla, anche se sono convinto che in questi anni di cosiddetta "lotta al doping" ben poco è cambiato e il doping nello sport continua in barba ai controlli. MI chiedo semplicemente come sia possibile per un ragazzo di ventisei anni, forte, sano, nel fior fiore della vita e con già un palmarès di vittorie in carriera di tutto rispetto, morire così. E assurdo, semplicemente assurdo, se solo si pensa alla quantità di controlli e di test cui "a tutela della salute" è sottoposto un professionista. Evidentemente cìè qualcosa che non funziona. Questa è una situazione drammatica che si fa più grave di giorno in giorno e nessuno dà risposte concrete, nessuno fa realmente qualcosa affinché avvenimenti di questo genere non accadano più.
E vero che non si può fuggire dalla morte, ma che questa colpisca un atleta così giovane e controllato periodicamente dai medici delle società e delle varie federazioni, mi lascia decisamente perplesso e amareggiato. Credo sia doveroso che le ragioni di questo decesso siano chiarite quanto prima. Va fatta chiarezza, perché questi ragazzi che già rischiano la vita giornalmente sulle strade non la debbano rischiare anche a casa per altre cause. Dobbiamo parlarne più possibile, analizzare i motivi; non dobbiamo lasciare che tutto passi inosservato. Adesso io sarò nuovamente criticato per questo mio intervento ma non riesco a stare zitto. Prima di essere il presidente di un gruppo ciclistico sono un padre e se penso a ciò che continua ad accadere in questo sport mi viene da piangere. Anche se sarebbe comunque una magra consolazione, spero che lautopsia ci confermi che non si tratta di nuovo caso di doping, perché se così non fosse dovrebbero tutti avere il coraggio di uscire dallomertà, proprio come ho fatto io in questi anni, e ribellarsi a questo sistema, diventato oggi troppo esasperato e distruttivo per la salute degli atleti. Ci sono troppi personaggi che ancora si nascondono dietro la maschera dellipocrisia, mi riferisco soprattutto a quelli che avrebbero il potere di cambiare le cose. Invece di tutto si fa business, si strumentalizza la vita e la salute degli atleti con percorsi massacranti e con calendari che vanno da gennaio a dicembre.
Nonostante tutti siano consci della realtà, si va avanti senza remore ed ogni anno siamo costretti ad assistere a giovani atleti che muoiono e al dolore di famiglie distrutte che poi nascondono i veri motivi di queste morti. Sono anni che combatto contro tutto e tutti affinché si ritrovi la voglia di uno sport vero e pulito, e non per lo spettacolo (che sicuramente sarebbe anche più bello ed i campioni che oggi vincono vincerebbero ugualmente), ma per la salute di questa disciplina sportiva. Purtroppo quando ci si trova davanti a tristi eventi come questo o ad atleti che solo dopo un mese di gara vengono fermati per ematocrito alto si capisce che cè molto su cui lavorare. Inoltre, siamo solo allinizio del 2006 e già una decina di atleti sono stati fermati per livelli ematici troppo alti. Questa situazione è grave quasi quanto la terribile morte di Wallaard.
Lo dico perché come non è possibile morire così a ventisei anni è altrettanto impossibile vedere atleti che continuano senza paura a fare uso di certe sostanze dopotutto ciò a cui rischiano di andare incontro e di cui sono pienamente consapevoli. La colpa è di chi sta ai vertici, che ha fissato il limite di ematocrito al 50%, una regola che consente di doparsi fino a quel limite come se fosse meno rischioso. Poi, in caso si vada oltre ti danno 15 giorni di sospensione e tutto ricomincia da capo. Questo è ridicolo, soprattutto è ridicolo leggere sui giornali che il portavoce della squadra dello spagnolo Serrano (lultimo fermato alla Vuelta Murcia) ha dichiarato che il suo corridore non ha mai superato i limiti di ematocrito, come dire da 40 a 50 possiamo fare uso di epo tanto è consentito. Continuare a coprire queste situazioni è semplicemente vergognoso anche perché non traspare la volontà di far fronte a questo problema di salute. Non ho altro da aggiungere se non che invece di sospendere per due settimane lUCI dovrebbe subito infliggere squalifiche di due anni. Così si che comincerebbero a cambiare le cose.
2 marzo - QUANDO I "MEDIA" FANNO FINTA DI NON VEDERE. LA MORTE DI WALLAARD E L'AMARO COMMENTO DI IVANO FANINI
ROMA - Muore un giovane ciclista di ventisei anni. I motivi sono ancora oscuri in attesa dell'autopsia, ma, come spesso accade, la tragedia viene subito avvolta da sospetti e ipotesi inquietanti. Tutti sanno a quale "turn over" di farmaci (consentiti e non; ma certamente non fa bene al fisico anche l'abuso di farmaci "consentiti"...) è in genere sottoposto un ciclista, specie se vuole emergere. Ma tutto questo non ci consente di dire matematicamente che Tizio è morto perchè ha abusato di farmaci o Caio perchè si è dopato come un cavallo. Non lo possiamo dire. E, probabilmente, neanche l'autopsia ci aiuterà dissolvere i dubbi. Come è già accaduto in altri casi. Una cosa, però deve essere sottolineata: l'assoluta insensibilità e "impermeabilità" dell'ambiente alla notizia. Come se parlare di questi drammi non fosse quanto meno uno strumento di deterrenza; per cercare che magari in futuro certe tragiche coincidenze non si verifichino più. Ebbene: qui dappresso riportiamo alcune note che sulla vicenda si è sentito di esprimere Ivano Fanini. Un personaggio aborrito nel ciclismo proprio perchè da anni, ormai, si è schierato nettamente contro quelle pratiche che sono la causa principale delle tragedie che da qualche tempo in qua colpiscono il ciclismo. Sono tante, troppe le morti improvvise per non cercare di capire più a fondo. Dal 2.000: Zanette (33 anni), un dilettante sedicenne deceduto in corsa, il francese Salanson (23) lo spagnolo Jimenez e Pantani (quest'ultimi per overdose di cocaina: là dove dal doping alla droga il passaggio è quasi inavvertito), l'ex campione del mondo Knetemann (53); nel giugno scorso il povero Galletti e adesso questo 26enne sulla cui disponibilità a "scommettere" forte sul ciclismo nessuno nutriva dubbi. Dopo anni di limbo negli elite aveva finalmente avuto un contratto fra i pro. Ma nelle gare di esordio un fastidioso e imprevisto problema alla schiena ne aveva frenato le speranze. Si può continuare a morire così, senza che nessuno si chieda perchè; senza che nessuno cerchi di sapere con certezza perchè? Magari con l'umile scopo di evitare che altri incorrano nella stessa disgraziata sorte? Si può continuare a morire così senza che i "media" segnalino in qualche modo la gravità del problema? Qui non si tratta di cercare alibi e/o scuse. Vorremo sapere perchè. Senza infingimenti. Senza frettolose e approssimate archiviazioni. Ma come fare se neppure l'Ansa, l'agenzia "madre" di tutte le notizie, trova spazio per sottolineare la gravità di questo fatto? Al breve flash dell'altro giorno aveva fatto seguito - a quanto ci risulta - un commento di Ivano Fanini, che mette a nudo alcuni importanti aspetti della questione ciclismo-abuso di farmaci e oltre. Alle 21 del 2 marzo (il tempo utile perchè potesse essere ripresa dai giornali del giorno dopo) tale commento alla notizia (che riportiamo qui sotto integralmente) non era ancora stato battuto. Fa male parlare di morti nel ciclismo, evidentemente. Disturba i padroni del vapore che pensano solo a spremere il business, non importa quello che succeda. L'uomo non conta. La vita umana non conta. Il perchè un 26enne muore così inspiegabilmente non conta. Siamo alla legge della jungla ovvero la legge del denaro. Ma si può mai parlare di valori in uno sport siffatto? Ecco qui di seguito il commento di Fanini:
Siamo ad inizio di stagione, è passato soltanto un mese di gare e già dobbiamo assistere all'ennesima tragedia. La morte dellex campione olandese Arno Wallaard mi lascia veramente impietrito. E' fin troppo facile nel ciclismo fare l'equazione morte-doping. Non voglio farla, anche se sono convinto che in questi anni di cosiddetta "lotta al doping" ben poco è cambiato e il doping nello sport continua in barba ai controlli. MI chiedo semplicemente come sia possibile per un ragazzo di ventisei anni, forte, sano, nel fior fiore della vita e con già un palmarès di vittorie in carriera di tutto rispetto, morire così. E assurdo, semplicemente assurdo, se solo si pensa alla quantità di controlli e di test cui "a tutela della salute" è sottoposto un professionista. Evidentemente cìè qualcosa che non funziona. Questa è una situazione drammatica che si fa più grave di giorno in giorno e nessuno dà risposte concrete, nessuno fa realmente qualcosa affinché avvenimenti di questo genere non accadano più.
E vero che non si può fuggire dalla morte, ma che questa colpisca un atleta così giovane e controllato periodicamente dai medici delle società e delle varie federazioni, mi lascia decisamente perplesso e amareggiato. Credo sia doveroso che le ragioni di questo decesso siano chiarite quanto prima. Va fatta chiarezza, perché questi ragazzi che già rischiano la vita giornalmente sulle strade non la debbano rischiare anche a casa per altre cause. Dobbiamo parlarne più possibile, analizzare i motivi; non dobbiamo lasciare che tutto passi inosservato. Adesso io sarò nuovamente criticato per questo mio intervento ma non riesco a stare zitto. Prima di essere il presidente di un gruppo ciclistico sono un padre e se penso a ciò che continua ad accadere in questo sport mi viene da piangere. Anche se sarebbe comunque una magra consolazione, spero che lautopsia ci confermi che non si tratta di nuovo caso di doping, perché se così non fosse dovrebbero tutti avere il coraggio di uscire dallomertà, proprio come ho fatto io in questi anni, e ribellarsi a questo sistema, diventato oggi troppo esasperato e distruttivo per la salute degli atleti. Ci sono troppi personaggi che ancora si nascondono dietro la maschera dellipocrisia, mi riferisco soprattutto a quelli che avrebbero il potere di cambiare le cose. Invece di tutto si fa business, si strumentalizza la vita e la salute degli atleti con percorsi massacranti e con calendari che vanno da gennaio a dicembre.
Nonostante tutti siano consci della realtà, si va avanti senza remore ed ogni anno siamo costretti ad assistere a giovani atleti che muoiono e al dolore di famiglie distrutte che poi nascondono i veri motivi di queste morti. Sono anni che combatto contro tutto e tutti affinché si ritrovi la voglia di uno sport vero e pulito, e non per lo spettacolo (che sicuramente sarebbe anche più bello ed i campioni che oggi vincono vincerebbero ugualmente), ma per la salute di questa disciplina sportiva. Purtroppo quando ci si trova davanti a tristi eventi come questo o ad atleti che solo dopo un mese di gara vengono fermati per ematocrito alto si capisce che cè molto su cui lavorare. Inoltre, siamo solo allinizio del 2006 e già una decina di atleti sono stati fermati per livelli ematici troppo alti. Questa situazione è grave quasi quanto la terribile morte di Wallaard.
Lo dico perché come non è possibile morire così a ventisei anni è altrettanto impossibile vedere atleti che continuano senza paura a fare uso di certe sostanze dopotutto ciò a cui rischiano di andare incontro e di cui sono pienamente consapevoli. La colpa è di chi sta ai vertici, che ha fissato il limite di ematocrito al 50%, una regola che consente di doparsi fino a quel limite come se fosse meno rischioso. Poi, in caso si vada oltre ti danno 15 giorni di sospensione e tutto ricomincia da capo. Questo è ridicolo, soprattutto è ridicolo leggere sui giornali che il portavoce della squadra dello spagnolo Serrano (lultimo fermato alla Vuelta Murcia) ha dichiarato che il suo corridore non ha mai superato i limiti di ematocrito, come dire da 40 a 50 possiamo fare uso di epo tanto è consentito. Continuare a coprire queste situazioni è semplicemente vergognoso anche perché non traspare la volontà di far fronte a questo problema di salute. Non ho altro da aggiungere se non che invece di sospendere per due settimane lUCI dovrebbe subito infliggere squalifiche di due anni. Così si che comincerebbero a cambiare le cose.